Andate su Google Map e cercate una città, Ayn Al Arab, che in curdo si
chiama Kobane. Zoomate la sua periferia nord e scoprirete che le ultime case
hanno, appena sopra, una scritta: Turkiye-Syria… Poi andate in basso sullo
schermo a prendere la barra delle distanze. Riportatela sopra. Non avete
sbagliato: 45 metri. 45 metri dividono
Kobane dal confine turco. 45 metri! Se fossero 45 chilometri (o 450!) dovremmo
già sprofondare nella vergogna più imbarazzante per l’immobilismo turco e
occidentale che sta permettendo la morte di centinaia di curdi che qui sono
accerchiati dall’IS, i jahidisti del sedicente Stato Islamico. Ma 45 metri…45
metri sono una croce indelebile, definitiva su frasi come “lotta al terrorismo”,
“difesa della vita umana”, “coalizione democratica”. 45 metri segneranno da
oggi la profondità della fossa comune delle nostre coscienze di bravi
occidentali. Saranno un simbolo, quello dell’ignavia.
“45 metri” sarà il grido che
travolgerà la credibilità delle nostre politiche, le nostre ambasciate, anche i
nostri cooperanti, tra le genti curde, siriane, irachene, del mondo
medio-orientale, nei prossimi anni.
Né potrà salvarci accusare la
Turchia e i suoi cinici, crudeli giochi diplomatici. Non potremo tentare di
guardare oltre. Ci sarà sempre qualcuno pronto a ricordarci che la Turchia è un
Paese della NATO. E a chiederci della fine che ha fatto la micidiale efficienza
dei caccia americani…e, qualcuno più cattivo, a chiederci “chi ha armato l’IS?”….
Ricordare i “45 metri” sarà come
parlare di Ruanda ai Francesi o di Bosnia agli Olandesi.
C’è una sola speranza di salvare
il salvabile: che qualcosa accada nelle prossime ore. Ma poi che diremo alle tante
famiglie di chi è già morto?
Maurizio Zandri
Direttore Generale SudgestAid |
Nessun commento:
Posta un commento